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«Il motto triestino di mia madre Gianna era: “mi te go fato, mi te distrugo“. A suo modo mi amava, come ne era capace, era anche piena di slanci generosi, ed è comunque a lei che devo la mia voglia di indipendenza e di libertà. Ma la sua indole rimaneva pur sempre quella di una tigre crudelissima, per di più in cattività a causa mia (o almeno, a lungo, così ho pensato)».